Scienza

Scienza s.f. Che cosa si intende oggi per 'scienza'? Fino a ieri si pensava a una 'ricerca della verità', al progressivo avvicinamento alla comprensione della 'realtà'. Ancora in un recente libro di Roger Penrose intitolato The road to Reality, ove peraltro più che alla realtà si pone mente alla via o piuttosto alle vie per raggiungerla. Nell'interpretazione, ormai quasi istituzionalizzata, di Karl Popper una certa proposizione è scientifica se è osservazionalmente falsificabile. Se non lo fosse –come per esempio IMC– non avrebbe senso parlare di 'scienza'. Per il pensare di un tempo il criterio popperiano rappresenta un assurdo: più che la –inconfutabile– verità la scienza perseguirebbe la 'falsificabilità'!

Ne consegue per lo scienziato una sorte di schizofrenia affettiva: da un lato la scienza affannosa di un qualcosa che invalidi la sua teoria, dall'altro la speranza non meno affannosa che questo qualcosa non si trovi. La vita con IMC è decisamente più comoda! Come si considera la scienza –in senso popperiano– dal punto di vista mc?

Anzitutto occorre ricordare che, per IMC, ogni punto di vista non può essere che culturale e quindi può fregiarsi del prefisso 'meta' soltanto se viene dichiarato e relativizzato alla cultura che l'ha prodotto. Così trattato, ogni punto di vista diventa metaculturale e IMC può produrne infiniti. Se tutti fossero egualmente validi, tanto varrebbe dire che nessuno lo è, il che si verificherebbe puntualmente se come UCL di riferimento adottassimo UMC. Ma sappiamo l'inabitabilità di UMC, non resta quindi che scegliere un UCL conveniente. Conveniente a chi? Come sceglierlo? Nel caso della scienza la sua valutazione mc è subordinata –secondo quanto già detto innumerevoli volte– al solo criterio della sopravvivenza. Nella sua storia recente è indubitabile che la scienza abbia dato un largo contributo al welfare dell'umanità migliorando, là dove lo ha fatto le condizioni di vita del singolo come delle popolazioni. Il guaio è che non lo ha fatto dappertutto accrescendo così la disparità fra chi era privilegiato dal suo sviluppo e chi non lo era, ma soprattutto favorendo al massimo chi era in grado di sostenere le enormi spese di quel progresso, reso possibile appunto dall'acuirsi della disparità. Sono cose ben note e variamente interpretate in sede politica, e non è nostra intenzione riaprire qui conflitti ideologici cui la scienza si è sempre dichiarata esterna, senza peraltro riuscirci.

In particolare un aspetto collaterale della scienza, la tecnologia, viene spesso fatta oggetto di opposte valutazioni: osannata dai più per le evidenti facilitazioni apportate al viver quotidiano, comincia oggi a essere guardata con sospetto da una minoranza che la incolpa di trasferire alle macchine la responsabilità che gli uomini hanno –o dovrebbero avere– riguardo alla sopravvivenza loro e della vita stessa sul nostro pianeta.

Più grave ancora è l'ideologizzazione della tecnica e in larga misura della scienza stessa che dei rispettivi UCL ha fatto dei paradigmi di assolutezza paragonabili a quelli delle più pericolose religioni monoteiste. Non a caso vediamo queste religioni radicalizzare certe loro posizioni antiscientiste, quasi si trattasse di intraprendere nuove crociate contro una religione rivale. Se la scienza rivendica con qualche ragione la sua indipendenza dal potere politico, non può certo rivendicarla nei confronti del potere economico, da cui dipende quasi per intero. La stessa cristallizzazione ideologica della scienza intorno al concetto di 'numero' e 'misurabilità' è probabilmente dovuta, più che al 'pensiero scientifico' in quanto tale, al potere che la sostiene. L'analogia con ciò che si osserva nelle grandi religioni monoteiste fa della scienza appunto un valido concorrente.

A queste considerazioni che non ci aspettiamo affatto vengano largamente condivise un'altra se ne aggiunge contro cui è più difficile obiettare. Sono proprio gli scienziati che ci segnalano la crescente pericolosità del modello di vita che l'occidente sta imponendo all'umanità, modello alla cui costruzione scienza e tecnologia hanno dato il principale contributo. Il paradosso sta in questo: che oggi ci vediamo costretti a rivolgerci, per la nostra sopravvivenza, proprio agli UCL corresponsabili dell'attuale situazione di pericolo. Mentre forse, per transitare verso un'era di maggiore sicurezza e –diciamolo pure– di effettiva ripresa della vita (che potrebbe manifestarsi, almeno inizialmente, come una diversa distribuzione del welfare), avremmo bisogno di un nuovo 'stile di pensiero' piuttosto che di nuove e sempre falsificabili teorie scientifiche.

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