Stupidità

La si identifica con l’incapacità a riflettere, addirittura a pensare. Molti ritengono questa incapacità assai diffusa, e che quindi pensiero e riflessione siano compito di pochi. Stranamente questa convinzione si trova anche tra chi dovrebbe saper pensare e riflettere per mestiere. La stupidità è invece piuttosto rara e non coincide affatto con quella incapacità. Viene di solito ritenuto ‘stupido’ non chi non sa pensare ma chi pensa diversamente. Le società hanno infatti elaborato forme di pensiero standard che tendono a emarginare chi non vi si attiene. Hanno inoltre costruito gerarchie intellettuali per cui solo chi pensa determinate cose rientra tra i pochi incaricati del pensiero. Mentre non è raro il caso di filosofi e scienziati incapaci di ‘pensare come comunemente si pensa’. La letteratura umoristica è piena di sapienti ‘imbranati’ nella quotidianità, di contadini analfabeti ma eccellenti penstatori.

Spesso si scambia per stupidità l’ignoranza di alcuni saperi ritenuti qualificanti mentre di altri, ritenuti di rango inferiore, non si tiene conto anche se indispensabili al vivere quotidiano. Siamo capaci a riflettere su queste incongruenze? Si conoscono invero delle patologie con sintomi di ‘stupidità’, ma non è a queste che si riferisce l’uso normale della parola. E se provassimo a rivoltare le carte e a pensare che, salvo i casi di competenza del medico, lo ‘stupido primario’ non esiste e se qualcuno ci appare tale non è su lui che dobbiamo indagare ma su noi stessi, probabilmente incapaci di assumere il suo modo di pensare? Viceversa esiste ed è equamente distribuita una ‘stupidità di ritorno’, dovuta alla disabitudine al pensiero e di questa è responsabile la cultura.

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