Aggressione

Con una stessa parola designiamo comportamenti alquanto diversi. Un leopardo 'aggredisce' un’antilope per nutrirsi. Un essere umano ne aggredisce un altro, ma raramente per mangiarlo. Semmai per derubarlo. Il che peraltro in certi casi equivale all'azione del leopardo, in quanto gli permette di sopravvivere. Ci sarebbe da domandarsi chi o che cosa gli impedisce la sopravvivenza; e si scoprirebbe che sono altri uomini. E la sua aggressione sembrerebbe allora più giustificata di quella del leopardo, cui l’antilope non impedisce nulla, semmai gli si offre come preda.

Comunque non diremmo che un uomo 'aggredisce' un piatto di insalata o una capra l'erba di un prato. Tutt'al più si tratterebbe di un'espressione metaforica per significare la voracità del comportamento nutrizionale. Se quindi compariamo la parola con l'azione che essa designa, vediamo che la parola è una, cui corrispondono però azioni diverse e diversamente interpretabili. È un fatto di tutta normalità, ma non sempre riconosciuto. Usiamo le parole essenzialmente per capirci ma non di rado sono le parole stesse che fanno sì che non ci capiamo. Quando vediamo dei banditi aggredire una banca, percepiamo la violenza dell'azione, ma non ne comprendiamo il senso: è necessità di sopravvivenza, è voracità di chi, avendo, vuole di più, è sete di giustizia sociale, è fanatismo politico? L'aggressione resta sempre aggressione come parola, ma il fatto significato può essere di volta in volta un altro. Anche la legge non si ferma alla parola e cerca di andare oltre. IMC può darle una mano, come può dare una mano ogni volta che le parole ci impediscono di capirci.

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