Povertà / Ricchezza

La povertà è ingiusta e mal sopportata se non è frutto di scelta. Ma la scelta della povertà ha senso solo in un mondo di ricchi. È quindi la ricchezza a rendere ingiusta e insopportabile la povertà, come anche a dare un senso alla sua scelta.

Che ne pensa il lettore di questo ragionamento che assegna comunque il primato alla ricchezza?

Ricchezza e povertà, anche se economicamente valutabili, non lo sono più se si adottano altri parametri. Non è vana retorica dire di una persona che è interiormente ricca o che è ricca di interessi. Certo, questi tipi di ricchezza presuppongono, se non la ricchezza, almeno una stabilità economica che permetta l'individuo di coltivare le altre. Ed è proprio la stabilità economica che viene negata ai più, oggi anche nel nostro Occidente ricco. E non è solo la stabilità in sé ma attraverso di essa viene negata anche la possibilità di pensare ad altro. Instabilità e povertà sono cioè indispensabili per l'autonomia dei ricchi, così come è indispensabile che i poveri non scendano al di sotto di una certa soglia di povertà, tanto da non poter più mantenere i ricchi.

Ancora una volta: che ne pensa il lettore di quest'altro ragionamento tendente a incolpare la ricchezza di tutti i mali?

Non abbiamo né intendiamo avere l'ultima parola su queste come su altre questioni. Ci basta sollecitare il pensiero comune perché rifletta autonomamente, anche senza il sostegno della ricchezza, sui problemi che ci riguardano da sempre.

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Fin quando le opposizioni riguardano solo le parole, se ne può discutere. Il fatto che nel mondo esistano non solo i ricchi e i poveri, ma i ricchissimi e i poverissimi non tanto dovrebbe essere discusso quanto eliminato. Ovviamente eliminando, non i ricchi (come pure talvolta è stato fatto) né i poveri (cosa anche questa tentata in più di un'occasione), ma le condizioni –sociali, economiche– che determinano l'opposizione.

È pensabile una soluzione del genere in democrazia?

I regimi totalitari si sono avvicinati talvolta –per esempio con il comunismo e il nazionalsocialismo– e, in formato ridotto, anche in certe comunità monastiche, ma le attuali democrazie sembra accentuino l'opposizione anziché eliminarla. Non è infatti con gli 'aiuti al terzo mondo' o con l'invio di forze armate a difesa della 'libertà' che si risolve il problema (e lo si è visto molte volte negli ultimi decenni). È più probabile che lo si possa risolvere limitando, se non la libertà, l'uso indiscriminato che se ne fa anche là dove manca perfino il concetto e forse anche l'interesse per lei.

L'esser povero o ricco non è un dato di natura come l'esser bianchi o neri, biondi o bruni, alti o bassi; è una condizione creata dagli uomini e quindi da essi controllabile. Non è affatto auspicabile una parità che finisce per scontentare tutti. La stessa interpretazione dei termini 'povero', 'ricco' varia da persona a persona. Premesso che a tutti venga riconosciuto il diritto a uno standard di vita mediamente accettabile (che elimini una volta per tutte la povertà imposta), il di più dipenderà dalle scelte individuali e da quanto ciascuno vorrà investire in esse. Per lo più saranno le scelte e gli investimenti economici a essere dominanti. C'è però anche chi ha interessi diversi da quelli economici. 'Ricchezza' e 'povertà' non si misurano necessariamente in termini monetari. E questi interessi 'altri' potrebbero diffondersi a mano mano che l'arricchimento economico venga controllato (autocontrollato). Se ne avvantaggerebbe la salute. La ricchezza (economica) inquina, la povertà molto meno.

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