Dittatura

La condanna è oggi quasi– unanime. Meno di un secolo fa la dittatura era ancora una plausibile opzione politica, magari nella veste di ‘dittatura del proletariato’. Anche questa ha ormai fatto il suo tempo e, nell’era della democrazia imperante, gli ultimi residui di passate ideologie galleggiano sulla superficie di un mare mediatico che ci occulta il suo fondo forse più di quanto non facessero le ideologie di un tempo.

Quanto appena detto suona provocatorio, ma le provocazioni possono essere usate per chiarire meglio ciò che si vuole difendere: nel nostro caso la democrazia.

La dittatura abolisce la libertà di parola e di opinione. Questa è vero quanto alla parola, che è in suo potere di abolire, non quanto all’opinione. Se neI regimi dittatoriali anche l’opinione pubblica viene pilotata, lo strumento non è la dittatura stessa ma la propaganda che l’accompagna. E di propaganda sono intrise anche le democrazie. Propagande diverse e contrastanti – si dirà. Vero, ma altrettanto volte a sostituirsi al pensiero autonomo dell’individuo. Laddove il pensiero inespresso può opporsi al potere che vorrebbe reprimerlo e conservarsi intatto per occasioni più favorevoli, il pensiero bombardato da lusinghe che lo assediano da ogni lato finisce per arrendersi al migliore offerente consegnandogli la sua autonomia. Forse la mente umana dà il meglio di sé non in condizioni di ‘libertà’, ma quando lotta per conquistarla. È un discorso ideologico periodicamente riaffiorante nelle varie culture e sarebbe un’effettiva conquista democratica se non dovesse essere ripetuto. Ma perché non si debba ripetere la democrazia dovrà cambiare radicalmente il suo volto.

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