Invenzione

“È un autore (scrittore, poeta, musicista, pittore …) ricco di invenzione”.

“L’invenzione del motore a scoppio”.

“Non è una scoperta, è un’invenzione!”

...

Stando alla derivazione dal latino, l’invenzione sarebbe piuttosto la scoperta di qualcosa che c’era ma non si conosceva, mentre nell’uso italiano è piuttosto la creazione di una imprevista novità. Ma vediamo meglio.

Lo scrittore o il poeta che ‘inventa’ non crea di certo le parole di cui si serve e neppure la grammatica, la sintassi, la struttura delle frasi e del discorso. Tutt’al più interverrà su questi elementi entro limiti che consentano al lettore di riconoscerli e di riorganizzarli nel proprio pensiero. ‘Ma ciò che viene detto o scritto, il contenuto della comunicazione è certo frutto di invenzione ...’ Anche se il contenuto non è un fatto di cronaca, i costituenti di questo contenuto, per essere compresi, debbono fare riferimento a dati di esperienze comuni anche al lettore. Se vuole essere veicolo di comunicazione anche il contenuto deve preesistere in qualche modo nella mente del ricevente. Lo stesso vale per la musica, per le arti visive, gestuali ecc., che per trasmettere i loro messaggi si servono con maggiore o minore libertà di codici iscritti in una o più culture. È certo possibile intervenire sui codici –e molti artisti (forse tutti) lo fanno– ma non sono questi gli interventi normalmente giudicati invenzioni, bensì quelli riguardanti il contenuto, cioè il livello più superficiale e afferrabile dell’opera. L’invenzione, quando c’è, è assai più nascosta e per di più spesso oscurata dall’abitudine culturale che ci fa apparire ovvia una soluzione che alla cultura coeva sarà apparsa sconvolgente.

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