Necessità

“Respirare è una necessità vitale.”
“Sento la necessità di una boccata d’aria.”
La parola è la stessa e anche il significato sembra essere lo stesso. Varia solo il suo grado di intensità, definito dal contesto e in particolare dal verbo: l’apodittica affermazione ottenuta tramite il verbo ‘essere’ (rafforzata da quel ‘vitale’) nel primo caso, l’ammorbidimento relativizzante di ‘sento’ e del termine metaforico ‘boccata’ nel secondo.
Come sempre, è la frase, il discorso a precisare il significato ‘locale’ di una parola. Poiché ogni parola di una frase, di un discorso ha bisogno dell’insieme delle altre per produrre una comunicazione significante, è come se la somma di molte imprecisioni desse come risultato una precisione. Ma non è tanto che si sia raggiunta questa, quanto che sia diminuita l’altra; forse la precisione assoluta è ottenibile solo con un numero infinito di parole, cioè con un’approssimazione infinita. Questo ci dice oltretutto anche la matematica. Ma è raggiungibile l’infinito? Capiremo noi fino in fondo il discorso di un altro?

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Il concetto di necessità è alquanto elastico, cioè di estensione variabile, quanto all’ambito di riferimento, rigido nel significato. E da questa duplice, contraddittoria natura nascono le più diverse interpretazioni.
In filosofia e in logica si parla, date certe premesse, le conseguenze ‘necessarie’, tali cioè che non potrebbero non darsi, come l’esistenza di Dio nel modello causale (Dio = causa prima). Nell’uso comune necessità primarie sono considerate ‘mangiare, bere, dormire’, cui altre se ne potrebbero aggiungere a salvaguardia della specie, come ‘riprodursi’, ‘associarsi’ ... Ma proprio dalla necessità di vivere associati prendono origine le necessità ‘contingenti’, dettate dalla cultura del gruppo e amministrate dai suoi capi. Già la struttura gerarchizzata, presente in forme diverse in tutte le società, viene percepita come una necessità pratica se non teorica. Gli anarchici, che la negano in linea di principio, nei fatti non possono che condividerla. Questa struttura gerarchica, che riconosce se non altro un capo e un sacerdote (o ‘sciamano’), porta con sé la conseguenza necessaria di una distinzione di ruoli, resa visibile da ‘privilegi’ che definiscono una ‘casta’. La spinta alla gerarchizzazione moltiplica le caste –modernamente: ‘classi sociali’– ciascuna delle quali moltiplica i suoi caratteri distintivi. La società viene così organizzandosi in modo da rendere ‘necessaria’ l’esibizione di questi caratteri, facendo sì che la sola esibizione valga come distintivo di classe. Si alimenta in tal modo un ‘mercato di esibizioni’ che muove l’economia del mondo.
Come per altre voci di questo schedario, abbiamo qui prospettato un percorso evolutivo di fantasia, ma non del tutto improbabile, in appoggio a una tesi che solo in chiusura viene espressa: la tesi che molte delle nostre necessità sono ‘necessarie’ solo a chi le gestisce a proprio vantaggio. Padrone il lettore di non condividerla (si veda anche bisogno).

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