Magia

La magia in senso stretto è oggi molto meno praticata di un tempo, in particolare nei paesi economicamente più avanzati. Il pensiero magico invece gode ancora dei massimi favori anche da noi. Pratiche di scongiuro, oggetti portafortuna, formule propiziatorie sono all'ordine del giorno e sono rare le persone che, potendo, non evitano di incrociare un gatto nero o di passare sotto una scala a pioli. Alcuni rituali pertinenti alla religione, come il segno della croce, hanno assunto nella quotidianità un valore più magico che religioso. Non siamo nemmeno sicuri che le scienze, segnatamente quelle mediche,  così come la psicologia e la psicoanalisi siano del tutto estranee al pensiero magico. Siamo sempre in grado di distinguere tra effetto 'placebo' e reale potere terapeutico di un certo medicinale?

Del resto anche la chimica e la fisica moderna nascono sul terreno dell'alchimia (Keplero, l'interprete matematicamente rigoroso del movimento dei pianeti, era un alchimista). La 'fede' degli illuministi nella ragione come strumento d'indagine della realtà presupponeva la razionalità del reale, un a priori logico non dissimile dalla correspondenza 'magica' di un rappresentato con ciò che lo rappresenta. 'Magica' è anche l'ipotesi del numero presso i pitagorici, dell'idea in Platone, dell'idea di Dio in quelle religioni –e sono la maggior parte– che ce l'hanno. Forse proprio al pensiero magico è riservato il compito di raggiungere da un lato l'idea e dall'altro la realtà; o è quest'ultima a non essere altro che un prodotto della nostra mente, cosicché il suo raggiungimento equivarrebbe a un atto metaculturale di riflessione? Conoscenza come identificazione magica?

(da Stili di pensiero 3.6)

 

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